ATTIVITA’ 3: QUANTO FA 56:10 ? PERCHE’?

IL NOSTRO PUNTO DI VISTA

Sulla questione A) una possibile griglia per analizzare e classificare le soluzioni è la seguente:

  1. svolge ragionamenti basati sul significato delle operazioni senza fare riferimento a "referenti" concreti (ad esempio, nel nostro caso, ragionando sulla divisione come operazione inversa della moltiplicazione);
  2. utilizza in modo appropriato "modelli" (ad esempio, il modello concreto delle lire/centesimi dell’epoca dei nonni e i modelli concreti dei metri/centimetri o dei decimetri/millimetri, o il modello dell’abaco);
  3. usa regole formali (in particolare, regole di divisione per 10, 100, 1000 e regole di moltiplicazione per 10, 100, 1000);
  4. procede per analogia con situazioni di cui ha padronanza;
  5. sa esplicitare verbalmente i ragionamenti fatti producendo una argomentazione esauriente.

Notiamo che i bambini possono intrecciare comportamenti diversi: è il caso di Melissa che si riferisce inizialmente a un comportamento di tipo IV) poi passa a un comportamento di tipo I) e infine intreccia, nelle ultime batture, considerazioni di tipo I) e di tipo IV).

Sulla questione B) pensiamo che la valutazione della qualità matematica degli elaborati dipenda fortemente da scelte culturali soggettive, in particolare dall’importanza che si attribuisce (a questa età, oppure in assoluto) a comportamenti come quelli descritti nei cinque punti precedenti.

Ad esempio, gli elaborati di Fabrizio, come (probabilmente) quello di Stella, sono esempi del comportamento I); gli elaborati di Serena P. e di Serena T. esemplificano il comportamento II); l’elaborato di Luca P. esemplifica il comportamento III); l’elaborato di Mimmo è probabilmente un esempio del comportamento IV).

Per sua natura, la consegna iniziale dava la possibilità di (e legittimava) comportamenti di tutti i tipi prima considerati, in vista di un loro successivo confronto e discussione in classe.

Nel Progetto "Bambini, maestri, realtà" (a cui fa riferimento la classe in cui sono stati raccolti gli elaborati) per il livello di età che stiamo considerando riteniamo necessario, NELLE ATTIVITA’ DI GIUSTIFICAZIONE DI SOLUZIONI PRODOTTE, sollecitare il più possibile comportamenti del tipo II) e V), assai rischioso puntare prioritariamente su I) (in quanto c’è il pericolo, che si avverte anche in alcuni dei protocolli esaminati, di scivolamento sul terreno formale), e da non incoraggiare comportamenti di tipo III), anche se è bene che i bambini arrivino a costruire "regole" (e algoritmi) a partire da esperienze significative (come è avvenuto in precedenza in questa classe). I comportamenti di tipo IV) hanno un elevato valore euristico, anche se non costituiscono giustificazioni soddisfacenti.

Per motivare l’importanza che attribuiamo ai comportamenti di tipo III) possiamo riferirci (oltre che alla rilevanza che tale comportamento riveste per lo sviluppo di competenze matematiche all’età di 9-10 anni) anche al fatto che in molti ragionamenti matematici impegnativi pure i matematici fanno riferimento a "modelli" ("metafore" anche concrete e fisiche). Puntare su I) vorrebbe dire inaridire la sorgente di tali tipi di ragionamento

Se si punta su III) (come strategia di giustificazione) gli allievi rischiano di perdere il controllo di quello che fanno e inoltre si troverebbero privi (in situazioni più impegnative per loro) di referenti di significato, o concreti, per soluzioni non scontate.

Consideriamo ad esempio un problema di questo tipo: dividere 56 per 20. Chi ragiona con riferimento al modello dei centimetri-millimetri o delle lire-centesimi dell’epoca dei nonni può ancora cavarsela senza grosse difficoltà. Chi ragiona in termini generali-astratti sul fatto che la divisione è l’operazione inversa della moltiplicazione potrebbe forse ancora cavarsela (dovrebbe cercare quel numero che moltiplicato per 20 fa 56, potrebbe ragionare sul fatto che moltiplicare per 20 è come moltiplicare per 10 e poi per due, allora potrebbe cercare quel numero che moltiplicato per 10 fa 28 perché 28x2=56). Chi ragiona secondo regole formali del tipo "spostamento di zeri" sarebbe gravemente impacciato perché difficilmente riuscirebbe a comporre tale regola formale con il significato della divisione. D’altra parte, i rischi del ricorso a regole formali si individuano bene nel comportamento di Davide (la sua strategia, che funziona nel caso di 56:10, molto probabilmente sarebbe impotente — o darebbe luogo a un risultato errato — se fosse applicata a 56:20).

Sulla questione C) rinviamo alla griglia suggerita al termine della parola-chiave "argomentazione" e che qui riportiamo:

  • la coerenza interna e la connessione logica tra gli argomenti (connessione non necessariamente di tipo deduttivo);
  • la natura degli argomenti (empirici, teorici, ...);
  • la pertinenza degli argomenti (rispetto allo scopo dell’argomentazione);
  • l’efficacia dell’argomentazione (rispetto allo scopo che si prefigge);
  • la coerenza dell’argomentazione con i canoni dell’ambito di riferimento (ad esempio, la coerenza di una argomentazione matematica con i canoni della matematica — il che porta ad escludere la misura delle grandezze fisiche come fonte di argomenti utilizzabili);
  • la qualità espressiva (rilevante ai fini della comunicazione).

Ad esempio, l’argomentazione di Stefania appare coerente, con argomenti di natura "concreta", ma con un argomento mancante (presente forse solo a livello implicito), che riguarda la ragione per cui il 6 (ottenuto dividendo 60 centesimi per 10) può essere aggiunto a 5 con il valore di 0.6. Serena P. produce un’argomentazione dello stesso tipo ma più completa nella parte finale. L’argomentazione di Paolo è pertinente (per quanto riguarda lo scopo) ma diversi argomenti sono solo allusi (e non è facile ricostruire il filo logico del suo discorso: scarsa qualità espressiva). Anche nel caso di Ramona si capisce (o si può capire) che ha intuito perché il risultato è giusto, ma la qualità espressiva è carente e gli argomenti sono solo accennati, non sviluppati in modo esauriente. L’argomentazione di Melissa segue il fluire del suo pensiero e non produce una giustificazione matematica coerente (anche se potrebbe facilmente dare luogo ad una giustificazione coerente concatenando opportunamente gli argomenti via via introdotti). Quasi tutte le argomentazioni si possono considerare efficaci rispetto allo scopo di giustificare il risultato 5,6 (anche se solo alcune aderiscono bene ai canoni dell’argomentazione matematica: vedi ad esempio Fabrizio).

 

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