A2. ...dai ragazzi
Riportiamo il testo di una discussione, così
come è stata trascritta dalla registrazione; a nostro avviso si
tratta di un buon esempio di come possono andare le cose, anche se la
variabilità tra classe e classe (e tra insegnante e insegnante)
risulta sempre notevole. L'analisi che segue la trascrizione intende guidare
i colleghi nel riconoscere i punti salienti della discussione rispetto
agli obiettivi indicati.
Trascrizione
della discussione
Questo
sembra un buon esempio di discussione iniziale dove gli obiettivi generali
sono stati ottenuti, il comportamento dell'insegnante si è mostrato
in equilibrio tra una funzione di stimolo a procedere nella direzione
voluta, ma lasciando il tempo agli allievi di appropriarsi dei problemi
posti; ne sono una testimonianza i silenzi (25 , 59, 89 seconda parte)
che sono seguiti da un rilancio e non da una risposta dell'insegnante,
e (98 seconda parte) che è seguito invece dalla risposta di un
ragazzo.
La gestione del silenzio è forse la più difficile; insieme
con il reggere alla tentazione di rielaborare le risposte solo accennate
dagli allievi. Il caso del controesempio iniziale di Giorgio (44) è
indicativo; l'insegnante poteva cogliere ciò che di buono conteneva
l'intervento del ragazzo e "spiegare" anche agli altri. Crediamo
che le difficoltà che emergono chiaramente dagli interventi successivi
possano costituire una buona prova della complessità di certi processi
come della necessità di dare agli allievi il tempo necessario a
confrontarsi con tale difficoltà e possibilmente di superarla utilizzando
il più possibile le proprie forze.
Molto spesso è difficile mantenere un certo distacco, lasciare
che il pensiero dei ragazzi vaghi, che si soffermi su idee errate, senza
intervenire. Questo comportamento è in contrasto con l'atteggiamento
spontaneo dell'insegnante, perché contrasta il suo senso di responsabilità
che indicherebbe di intervenire ogni volta che si coglie i propri allievi
in difficoltà o in errore. In realtà, le ipotesi educative
di fondo del progetto riguardano proprio la necessità di spostare
parte della responsabilità educativa dall'insegnante all'allievo
e di rivedere lo statuto dell'errore nel processo di apprendimento. L'errore
ha per noi il valore positivo che nasce dalla consapevolezza della sua
necessità: la consapevolezza di tale errore ed il suo superamento
sono tappe inevitabili dell'apprendimento, che non possono essere delegate
all'insegnante, ma devono essere vissute in prima persona.
Come già osservato più volte uno dei problemi principali
all'inizio è quello di far fare ai ragazzi un salto di qualità
dal livello di conoscenze intuitive - quasi inconsce - al livello di conoscenze
razionali, esplicite e collegate tra loro, che è alla base di una
"teoria".
Se ogni volta che l'insegnante intravede l'utilizzazione di un fatto geometrico
compie lei/lui lo sforzo di esplicitazione, non permette all'allievo di
progredire, e nello stesso tempo non gli permette di comprendere perché
in altre occasioni, lo lasci solo di fronte a questo compito o lo richieda
senza un apparente motivo.
In realtà tutta la discussione, anche se faticosa, risulta molto
utile - e non potrà essere sostituita da una spiegazione - per
prendere contatto con il problema della esplicitazione delle proprietà
geometriche che si vogliono usare. Naturalmente questo primo approccio
al problema della giustificazione non sarà sufficiente e gli obiettivi
di questa discussione dovranno essere ripresi nelle discussioni successive
e resteranno come obiettivi a lungo termine delle attività che
seguiranno.
L'embrione del senso di una dimostrazione deve nascere da queste attività
in cui la richiesta esasperata ed esasperante di giustificazione, non
ammette sconti.
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