CAMPO VISIVO INTERNO

Gli allievi messi in condizione di usare la vista, il gesto, la manipolazione, il disegno e il linguaggio costruiscono il campo visivo interno (Vygotskij, in "Il processo cognitivo, Boringhieri, 1987.) da intendersi come la possibilità da parte dei bambini di includere nella soluzione di un compito stimoli non presenti. Ciò significa in particolare la possibilità di immaginare situazioni non esperite (o solo parzialmente esperite), di confrontare situazioni anche solo immaginate, di elaborare insieme informazioni relative a situazioni tra loro lontane nel tempo o nello spazio. Tutto ciò differenzia il comportamento umano da quello animale, essendo quest’ultimo vincolato nella soluzione del problema a ciò che appare nel campo visivo. Il gesto, la vista e il linguaggio diventano elementi pianificatori dell’azione e l’essere umano crea un maggior numero di possibilità di soluzione dei problemi di quante ne possa creare, ad esempio, una scimmia attraverso l’azione. Attraverso le parole il bambino raggiunge un raggio di attività molto più ampio e le operazioni pratiche che compie diventano meno impulsive. Egli pianifica includendo stimoli non presenti nell’immediato campo visivo e solo successivamente mette in pratica la soluzione attraverso un’attività esplicita. I bambini acquisiscono in questo modo un’indipendenza da ciò che effettivamente li circonda e (se vogliono) possono fare a meno di agire nello spazio che diventa per essi solo un dato immediato; la funzione programmatrice del linguaggio influenza, estendendole, le loro potenzialità cognitive.