LEZIONE DEL 1/12/01


(Note per il lettore: in rosso i commenti dell’osservatore; in nero i fatti che sono avvenuti durante la sessione di lavoro; evidenziate in giallo le parti ritenute più significative da me, ossia dall’insegnante che conduce la ricerca).

IL GRUPPO OSSERVATO E’ QUELLO DELLA LEZIONE PRECEDENTE:

Il lavoro di oggi dovrebbe consistere nell’ ultimare la scheda proposta lunedì. I ragazzi però l’ hanno dimenticata, si produce così una situazione di tensione, che nelle osservazioni precedenti non era mai stata verificata.
Infatti l’ impostazione innovativa delle lezioni, finora seguita, sembrava aver prodotto un legame particolare fra professore ed alunni, un dialogo aperto di cui la paura non è componente attiva. La situazione presente dà l’ avvio a molte forme di stress, fra cui le più importanti sono quella di ricevere un brutto voto e di non avere tempo a sufficienza per produrre una soluzione accettabile.
Per questo motivo i ragazzi decidono di dividersi i compiti, in modo da riuscire a scrivere la relazione delle considerazioni ottenute nella lezione precedente. Senza testo della scheda ed appunti su quanto osservato si affidano ciecamente al ricordo.
ALE si occupa di disegnare il grafico del 2° esercizio, GIAN di riassumere i risultati del 1°, ma si blocca: “ Non mi ricordo più come avevamo fatto.”

Lo stress produce un completo cambiamento nel modo di procedere nella risoluzione: c’ è un’ inibizione totale della funzione programmatrice e tutto è affidato a quella di ricordo. L’osservazione è interessante, perché spesso, quando si perseguono azioni didattiche particolarmente attente alla valutazione e alla verifica dei prodotti, si assiste spesso ai tentativi degli studenti di affidarsi al ricordo e alla riproduzione di simboli che scimmiottano quelli prodotti dall’insegnante, ma senza significato.

STE decide di occuparsi del 1° esercizio, e , dimostrandosi più calmo di GIAN, sostiene che non è necessario ricordare: “ I calcoli li rifacciamo,” e si accinge a mettere in pratica il suo proposito.
ALE, intanto, termina di scrivere la “storia”, come dice lui, della seconda attività e passa ad occuparsi della terza con l’ aiuto di GIAN.
GIAN: “ Com’ era il 3°?”
ALE: “ Era quello…., questo…” e presa la calcolatrice, mostra al compagno il grafico, che aveva ottenuto e memorizzato la volta precedente.
La calcolatrice è ambito di comunicazione.
Poi, mentre GIAN rilegge la relazione del 2° esercizio, ALE inizia a scrivere alcune osservazioni sul 3°.
GIAN cerca quindi di capire cosa si può dedurre dal grafico della funzione f(x)=nx^2, ottenuto con la macchina da ALE, per questo desidera rivederlo.
GIAN: “ Dove l’ avevi fatto?”
ALE: “ Rombo , F1.” (Si riferisce a due tasti della calcolatrice)
La familiarità di ALE con la calcolatrice e col suo linguaggio è evidente, come dimostra il fatto che per comunicare egli utilizzi dei termini tecnici propri della macchina.
GIAN esegue le istruzioni e giunge alla finestra grafica contenente la curva richiesta: “ Cambia lo zoom, che voglio vedere più in alto ! Come si fa a cambiare finestra?”
GIAN, invece, pur usando parole come zoom, cioè peculiari della calcolatrice, non è affatto abile nel maneggiarla.
ALE non si ricorda.
GIAN intanto cerca di spiegarsi meglio e disegna gli assi cartesiani,: “ Queste sono le x (e indica l’ asse delle ascisse) e queste sono le y ( indica l’asse delle ordinate), come faccio per avere le y più alte?”
Necessità di pensare in termini geometrici per recuperare alcuni nomi e definizioni.
ALE riesce a soddisfare il desiderio del compagno, ma la sua azione si svolge completamente in silenzio.
GIAN: “ Così è troppo però !”
ALE: “Ma fallo come era prima , tanto su si allarga.”
A chiudere la discussione è STE che, terminata la relazione del 1° esercizio, sancisce che ALE deve occuparsi di fare il disegno, mentre GIAN della tabella del grafico: “ Visto che sei capace.”
Ultimata la relazione del 3° esercizio, chiamano il professore e gli mostrano il loro operato. Relativamente all’ ultima attività il professore afferma che probabilmente quelle ottenute sono curve che sono state ricavate con dei valori bassi, piccoli, per il coefficiente.
ALE sostiene quindi di essersi accorto che: “ All’ aumentare di n l’ angolazione, l’ angolatura, non so come si chiama ( e indica l’ ampiezza della parabola) si stringe.”
C’ è un tentativo di sfruttamento della funzione deittica, perché il vocabolo ampiezza non è ancora parte integrante della conoscenza dei ragazzi.
Il professore conferma la sua idea e mostra agli altri, utilizzando la calcolatrice, che con coefficienti vicini allo zero, 0.000…, si ottengono curve che approssimano una retta.
L’ azione del professore è di chiarimento.