attività 2. ... per l'insegnante

Perché si può sbagliare nella risoluzione di un problema che sembra facile?

Si consiglia di non dare nessun suggerimento ai ragazzi, cosi’ da permettere l’avvio di una discussione dopo che tutti avranno finito di “risolvere” i problemi.

Il senso del lavoro è quello di provocare alcune risposte in modo da poter intervenire per mettere in crisi certi approcci quasi meccanici ai problemi.

L’insegnante deve avviare la discussione sui procedimenti risolutivi messi in atto dai ragazzi, partendo dagli errori in buona parte “provocati” dal testo stesso e dagli stereotipi risolutivi dei ragazzi.

In particolare, quando viene posto il Problema 1 - scheda 2, l’insegnante avrà cura di non meravigliarsi se la maggior parte dei suoi allievi risponderà che la distanza tra il primo e l’ultimo albero è di 30 metri anzicché di 28 metri. In questo momento l’insegnate potrà fare una breve considerazione su cosa si può intendere con “distanza” tra due alberi (centro della proiezione del tronco sul pavimento oppure larghezza di un oggetto che può passare tra due tronchi?)

L’insegnante guiderà i ragazzi a costruirsi il modello della situazione e a lavorarci sopra in modo corretto e completo, senza abbandonarlo ricorrendo di nuovo ai numeri in gioco.
Inoltre potrà invitarli a descrivere in forma scritta i loro percorsi mentali, perché la discussione sulle diverse strategie adottate o sui procedimenti errati o non efficienti poggi su una loro precedente riflessione personale.

L’insegnante avrà cura di presentare ai ragazzi, in altri momenti dell’unità di lavoro, altri problemi che richiedono di saper distinguere, nell’atto del misurare, con un righello ad esempio, il significato delle “tacche” e degli “spazi”.

Un altro stereotipo col quale l’insegnante dovrà fare i conti, e che è messo in evidenza nel Problema 2 - scheda 2, è che la risposta ad un problema sia necessariamente un numero.

A volte si trovano nel testo di un problema due dati espressi in diverse unità di misura per grandezze omogenee; sarà cura dell’insegnante guidare l’allievo a non mettere subito in atto un’equivalenza, prima ancora di entrare nella situazione problematica coinvolta.

Di fronte al Problema 3 - scheda 2 i ragazzi hanno difficoltà di natura linguistica

  • confondono, e raramente si esprimono in tal senso, il nome dello strumento "metro" con l'unità di misura "metro",
  • sovrappongono il linguaggio naturale al linguaggio matematico; quando il ragazzo verifica praticamente ciò che ha descritto a parole in forma scritta, non sempre riesce ad effettuare l'autocorrezione (ad esempio: frequentemente nelle attività pratiche 1,34 m e 1,7 m vengono letti come 1 metro e 34 cm (correttamente) e 1 metro e 7 cm (ovviamente sbagliando). L'insegnante deve allora recuperare il significato delle cifre all'interno del numero che indica la misura.

I problemi 4, 5, 6 - scheda 2 hanno l'obbiettivo di far ragionare i ragazzi sull'uso corretto dello strumento di misura e su come si debba operare nell'atto del misurare. La discussione deve portare i ragazzi anche a considerare che, per effettuare la misura col righello muto del foglio, è necessario che il disegno sia in scala 1:1.

Osservando e analizzando le difficoltà incontrate, l’insegnante deciderà se affiancare, o proporre insieme alla correzione, attività pratiche di misura di lunghezze, di capacità e di peso, valutando a quali livelli di approfondimento e di formalizzazione sia opportuno portare la classe.

E’ necessario garantire un certo equilibrio tra le attività operative, le interazioni verbali orali e scritte sul senso del lavoro su schede ed esercizi volti al consolidamento delle conoscenze.