La relazione (diade) positiva.

Nel prestamano l’insegnante sviluppa con il bambino una relazione bidimensionale (diade): presta attenzione al bambino ed egli all’insegnante, inoltre partecipa dell’attività del bambino producendo nuove attività che a loro volta richiedono partecipazione da parte del bambino stesso.

La letteratura attuale in psicologia dello sviluppo pone l’accento sul ruolo degli aspetti relazionali nel processo di insegnamento-apprendimento; in particolare evidenzia come il processo di crescita cognitiva possa essere incrementata da una relazione positiva insegnante-allievo.

Pertanto, basandoci sia sui menzionati contributi teorici sia sui dati di esperienza raccolti in circa quindici anni di pratica di prestamano, riteniamo che se la relazione instaurata nel prestamano è positiva, essa potenzia l’efficacia del prestamano ed in generale concorre a sostenere la motivazione allo studio ed a produrre nel bambino un atteggiamento di generale compartecipazione nel processo di insegnamento-apprendimento.

Appoggiandoci alla nozione di diade positiva di Urie Bronfenbrenner (“Ecologia dello sviluppo umano” 1979) pensiamo che il prestamano diventi una diade positiva quando l’insegnante riesce a connotare il suo comportamento di alcune caratteristiche:

  • prima di iniziare l’ascolto del discorso orale, il maestro informa il bambino dello scopo e del significato dell’attività, rende espliciti i collegamenti con il lavoro svolto in classe, lo rassicura precisando il ruolo che egli, insegnante, intende svolgere ed il contributo che prevede di dare, chiarisce al bambino quanto siano importanti il suo impegno e la sua collaborazione e, nel limite del possibile, contratta contenuti specifici, modalità e tempi dell’attività;
  • si dispone ad accogliere il bambino nella sua specificità cognitiva ed emotiva valorizzandone le sue manifestazioni e dimostrandosi disponibile a fornirgli adeguato supporto; quindi, collocandosi nella zona di sviluppo prossimale, produce le modalità di interazione più adeguate;
  • collabora con il bambino per il raggiungimento dell’obiettivo e lo fa manifestando partecipazione al suo sforzo ed alla soddisfazione da lui manifestata per il conseguimento dell’obiettivo (il bambino percepisce che il suo sforzo e la sua soddisfazione sono condivisi e partecipati dall’insegnante).

Nel prestamano come diade positiva si assiste ad un progressivo spostamento del centro di formulazione delle decisioni dal maestro al bambino: all’inizio della pratica del prestamano è l’insegnante che sollecita, chiede, canalizza il pensiero e l’espressione del bambino ed egli si lascia condurre; successivamente sarà il bambino a fornire indicazioni al comportamento dell’insegnante che sempre più diventerà unicamente “prestatore di mano” soddisfacendo progressivamente e positivamente al suo bisogno di autonomia. Non sempre, però, anche quando l’insegnante è animato dalle migliori intenzioni, il bambino si dimostra disponibile a collaborare con l’insegnante: talvolta evade le richieste e vive l’attività con evidenti manifestazioni di disagio ed insofferenza che segnalano il suo desiderio di sfuggire alla relazione.

In una simile situazione l’insegnante deve interrogarsi per capire quanto del comportamento manifestato è attribuibile a particolari caratteristiche psicologiche del bambino, magari temporanee, alla sua non ancora matura capacità di concentrazione, alla sua ancora scarsa disponibilità a fronteggiare I’ impegno ed a sostenere lo sforzo conseguente (assolutamente normali all’inizio della classe prima).
Deve però anche interrogarsi per verificare se il momento del prestamano è coerente con l’impostazione dell’intera attività didattica, ovvero se agli occhi del bambino lo stile della relazione prestamano risulta compatibile con lo stile educativo praticato quotidianamente.

Difficilmente un insegnante con stile autoritario, o al contrario permissivo, riuscirà a realizzare una diade improntata a criteri di positività.
In tal caso, probabilmente, il bambino “non si fiderà” e si sottrarrà alle proposte dell’insegnante, oppure prevaricherà il maestro alterando in ogni caso la relazione.

Al contrario il bambino abituato a confrontarsi quotidianamente con un insegnante che, con l’opportuna flessibilità, cerca di non sfuggire mai al suo ruolo (problematizzare, osservare, ascoltare, valorizzare gli apporti individuali, sollecitare apporti di pensiero personali per sfruttare le potenzialità individuali...) e si prende davvero cura dei bambini per promuoverne il loro agio, si presterà con piacere e soddisfazione al gioco del prestamano.

Di fronte ad un bambino che parla per accenni o in modo contorto e contratto, l’insegnante nel prestamano corre il rischio di non interpretare adeguatamente l’intenzione comunicativa; in altre parole, senza alcuna intenzionalità in tal senso, può far dire qualcosa che il bambino non pensa oppure può sovrapporre il suo stile comunicativo a quello del bambino e dirottare l’attenzione su temi pertinenti ma non corrispondenti alla intenzione originaria.
Inoltre corre il rischio di far adottare al bambino atti di pensiero od espressioni linguistiche che, prive di evidenza, verranno assunte necessariamente e momentaneamente ma non interiorizzate.

Per arginare rischi di tal genere è opportuno far parlare i bambini su contenuti conosciuti e condivisi anche dall’insegnante in modo che il suo intervento sia orientato e modellato sulla realtà esperita, e quindi conosciuta, che si intende comunicare (es. resoconto di esperienze scolastiche).

In particolare, per fronteggiare il rischio di far adottare al bambino espressioni linguistiche particolari e specifiche senza che egli abbia sviluppato consapevolezza della loro generale adeguatezza e della particolare corrispondenza alla realtà esperita e poi pensata, è bene scegliere contenuti di cui si è fatto esperienza ma anche riproducibili (es. un processo produttivo, il funzionamento di una macchina...).

Riprodurre una procedura esperita rende evidente, all’occasione, la non adeguatezza del pensiero oppure la non corrispondenza tra ciò che si pensa e ciò che realmente si dice; inoltre consente di ristrutturare adeguatamente pensiero ed espressione.

Altri temi, magari gratificanti per i bambini e significativi per la realizzazione della diade positiva, solo in alcuni casi sono produttivi per l’esercizio delle operazioni cognitive che consentono il passaggio dalla lingua orale alla lingua scritta.